Rodolfo Guglielmi arrivò a Hollywood nel 1917. Da allora fino al 1920 apparve in almeno diciassette film, interpretando parti minori. Il giovane Guglielmi, che prese lo pseudonimo di Rudolph Valentino, impersonò banditi e una varietà di tipici personaggi loschi, ma nessuno dei suoi primi film fu veramente importante. In “Alimony” (1918), Valentino riuscì a farsi notare; in seguito ebbe la parte del playboy Giulio in un'ambiziosa produzione di Rex Ingram, “I quattro cavalieri dell'Apocallise” (1921), dove Rudy rivela una grande versatilità e una capacità di cambiare espressioni veramente sorprendente: cominciò così il suo trionfo.
Valentino fu diretto da Rex Ingram, uno dei più grandi registi del cinema muto hollywoodiano, anche nel film “La commedia umana” (1921), tratto da "Eugenie Grandet" di Honoré de Balzac. Nel 1921 Valentino arrivò ad una rottura con la Società cinematografica Metro che lo considerava ormai un fatto di moda e passò alla Famous Players-Lasky Paramount, girando il film “Lo sceicco” (1921), che segna l’inizio della leggenda. “Lo sceicco” è un film che senza l’erotismo e l'arte scenica di Valentino sarebbe potuto passare del tutto inosservato, invece scatenò un entusiasmo sensazionale fra le donne e un’ondata di gelosia e di invidia tra gli uomini. Queste reazioni così sproporzionate furono molto utili per la casa di produzione che ne approfittò per lanciare Valentino in altri quattro film nel 1922, di cui solo “Sangue e arena” fu degno di lui.
L’ascesa di Valentino fu così breve e veloce che nei primi due anni di popolarità interpretò ben nove film. Ci fu comunque una pausa di due anni, quando lui e la moglie, Natacha Rambova, litigarono con la casa di produzione per il fatto che Valentino veniva impiegato spesso in film di poco valore sprecando in tal modo il proprio talento.
Valentino tornò sugli schermi nel 1924 in un film, “Monsieur Beaucaire”, di cui la Rambova aveva curato le scene e la regia. Il film non fu molto apprezzato, poiché risultò troppo raffinato per il gusto hollywoodiano ma Valentino ebbe modo di mostrare un umorismo delizioso e ironico. I suoi ultimi tre film furono girati dopo la rottura definitiva con la Paramount e di questi tre gli ultimi due furono il finale trionfante della sua carriera. Valentino si separò dalla Rambova, e poi nel 1925 con la casa cinematografica “United Artists”, di cui facevano parte anche Charlie Chaplin e David Griffith, interpretò “L'Aquila nera” con l'ottima regia di Clarence Brown; la sceneggiatura del film, straordinariamente spiritosa, era di Hans Kraly, scrittore di tanti film brillanti diretti da Ernst Lubitsch. Nel film “Il figlio dello sceicco” (1926) Valentino fu diretto di nuovo da un buon regista, George Fitzmaurice, ma quando il film arrivò su tutti gli schermi Valentino era già morto.
Al di là della leggenda, al di là degli svenimenti delle donne e dell’odio degli uomini che suscitò, Rodolfo Valentino era un ottimo attore del cinema muto, un esperto professionista, dotato di un'ampia gamma di possibilità interpretative e di una conoscenza del suo lavoro in costante approfondimento. Subito dopo la sua morte, nasceva il cinema sonoro. Probabilmente Valentino, che aveva una voce piacevole, parlava inglese, italiano, francese e spagnolo, aveva la tenacia e l’intelligenza del self-made man, come la Garbo avrebbe affrontato facilmente la tempesta del sonoro.